L’opera di Kundera mi ha colto un po’ impreparata: non mi aspettavo tanta particolarità e genialità nella scrittura, con anche un tocco di ironia crudele e vera.
La struttura della narrazione è il suo punto di forza, articolata in paragrafi spezza la monotonia della lettura invitando a pause ben pensate; i pensieri dei protagonisti si alternano alle vicende, poche e “insignificanti”, che assurgono a modello di quella Insignificanza di sapore esistenzialista che permea l’umano e le sue azioni.
Pensieri e fatti, conversazioni e ricordi, suggestioni e incontri, sono sapientemente disposti in una galassia che ti avvolge, sconvolge, distrae, e talvolta pure ti fa ridere.
Personaggi un po’ grotteschi, un po’ banali come tutti nelle nostre piccolezze: cosa rimane? l’invito ad accogliere quell’insensatezza che ci connota, nella speranza di trovare il buonumore.
” C’è una cosa, D’Ardelo, di cui volevo parlarle da tempo. Del valore dell’insignificanza. All’epoca, pensavo soprattutto ai suoi rapporti con le donne. […] Adesso, rispetto ad allora, l’insignificanza mi appare sotto un aspetto del tutto diverso, sotto una luce più forte, più rivelatrice. L’insignificanza, amico mio, è l’essenza della vita. E’ con noi ovunque e sempre. E’ presente anche dove nessuno la vuole vedere: negli orrori, nelle battaglie cruente, nelle peggiori sciagure. Occorre spesso coraggio per riconoscerla in condizioni tanto drammatiche e per chiamarla con il suo nome. Ma non basta riconoscerla, bisogna amarla, l’insignificanza, bisogna imparare ad amarla. Qui, in questo parco, davanti a noi, guardi amico mio, è presente in tutta la sua evidenza, in tutta la sua innocenza, in tutta la sua bellezza. Sì, la sua bellezza. L’ha detto anche lei: l’animazione perfetta -e del tutto inutile-, i bambini che ridono- senza sapere perché-, non è forse bello? Respiri, D’Ardelo, amico mio, respiri questa insignificanza che ci circonda, è la chiave della saggezza, è la chiave del buonumore…”
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